Made in Japan

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Recensione
Claudio Sodano

Made in Japan

Ascoltai per la prima volta il live dei Deep Purple, che è il più famoso hard-rock live della storia, nel 1979 - sette anni dopo la sua uscita ufficiale, anche questo per merito dei miei cugini più grandi. Se è vero che per il mio primo acquisto di un disco Heavy dovevo attendere altri due anni, con quel Denim and Leather dei Saxon di cui abbiamo già parlato, Made In Japan è stata la prima registrazione Hard Rock ad entrare in casa mia, ed ancora oggi -almeno per i rocker di generazione precedente alla mia- è il primo disco che con orgoglio si fa ascoltare ai figli non appena in età. A posteriori posso dire di essere stato oltremodo fortunato, avendolo potuto ascoltare sul vinile originale del '72 -sicuramente l’edizione più giusta per apprezzare quel suono proveniente ancora dagli anni '60, ma che già annunciava alcune innovazioni stilistiche dei '70- e con l’ausilio di un buon impianto per l’epoca. Le registrazioni furono effettuate durante un breve tour Giapponese tra Tokio e Osaka di buon, ma non incredibile, successo con la storica formazione Mk2 e furono affidate a Martin Birch, un nome che per chi conosce la storia del rock e legge le note di copertina sul retro dei dischi, sicuramente vuol dire qualcosa. Brani come Highway Star, Strange Kind of Woman, Child in Time e la celeberrima Smoke on the Water, già molto famose nelle versioni da studio, qui acquistano una freschezza ed un impatto trascinanti e largamente superiori alla gran parte dei pezzi di altre formazioni che si potevano ascoltare all’epoca. Storici poi gli assoli di Ritchie Blackmore alla chitarra, che costellano tutto il disco, e di Ian Paice alla batteria in The Mule; divertentissimo il duello voce/chitarra tra Ian Gillan e Blackmore; grandi passaggi anche per Jon Lord e Roger Glover. Imponente la suite Space Truckin’, che occupa l’intera quarta facciata: una doverosa parentesi sul suono degli Hammond di Lord, che caratterizzarono un’epoca e che a tutt’oggi nessuna tastiera digitale moderna è riuscita ad avvicinare in fascino e potenza -solo alcune esecuzioni d'organo lo sono altrettanto. Per i più giovani ricordo che ne è uscita una versione rimasterizzata in occasione del 25° anniversario con tre bonus-track -Black Night, Speed King e Lucille- che sicuramente sarà più soddisfacente per orecchie educate alla musica dagli anni '90 in poi e che considerano un po’ di fruscio di sottofondo un reato penale e conoscono, forse, solo Maiden Japan degli omonimi Iron Maiden; il vero intenditore conserverà comunque sullo scaffale il buon vecchio vinile nero. Piccola curiosità: durante le registrazioni dal vivo, Ian Gillan cadde proprio sull’attacco di Highway Star, producendo rumori e feedback vari, quindi nel disco quella è l’unica parte con sovraincisione recuperata da registrazioni successive.
Recensione discografica
Autore/Artista: 
Deep Purple
Produzione: 
EMI
Prodotto il: 
Lunedì, 26 Giugno, 2017

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